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Il discorso del sindaco al XXV Aprile: «Oggi c’è ancora l’aspirazione alla libertà?»
Pubblichiamo un ampio estratto del discorso del sindaco Roberto Assi al termine del corteo del XXV Aprile
Educarsi ed educare alla libertà. Questo è il senso dell’odierna celebrazione. Questo è il senso di tutte le celebrazioni e giornate della memoria o del ricordo. Questo è invero il senso dell’esistenza stessa delle istituzioni, dalla prima e principale, la famiglia, passando poi per quelle scolastiche e sportive – come peraltro recentemente riconosciuto dalla Costituzione della Repubblica – finendo via via fino alla Pubblica Amministrazione.
La libertà è per l’appunto un problema educativo, perché connaturata al nostro essere e nella società essa deve trovare il contesto ove svilupparsi, completarsi, in dialogo rispettoso con altre libertà, e quindi compiersi.
Ma se la libertà è un problema educativo, viene da chiedersi cosa mosse centinaia di migliaia di militari e di cittadini di ogni ceto, di partecipanti alla lotta partigiana, di religiosi e religiose, cattolici e laici, liberali, democratici cristiani, socialisti, comunisti, repubblicani e monarchici a insorgere contro l’occupazione straniera e contro vent’anni di costrizioni e di dittatura interna fascista. Cosa li mosse? Ragioni politiche? Certo che no: la diversificazione e la coralità dell’insurrezione fu tale da non poterla legare in alcun modo a una specifica convinzione politica. Ciò che mosse nelle piazze, nelle vie, sulle montagne lo spirito di chi imbracciò le armi per liberare la Nazione fu proprio l’aspirazione alla libertà. Una aspirazione istintivamente, profondamente umana, maturata quindi nella naturalità e familiarità delle mura domestiche, anzi, oserei dire, nell’intimo delle coscienze.
La domanda ora che ho l’ardire di porre a loro qui convenuti è: e oggi? Esiste ancora questa aspirazione alla libertà? Non è forse essa stata sostituita dalla più seducente ma fallace aspirazione alla comodità? Quali sono ora le agenzie educative deputate a compiere la drammatica opera di educare le giovani generazioni alla libertà? Sono le stesse di allora? O forse non sono completamente cambiate. Il timore è che oggi si sia imposta l’opera di alcune agenzie diseducative, che come scopo non hanno l’educazione alla libertà, quanto piuttosto quello di svuotare le nostre menti da qualsiasi domanda, da qualsiasi anelito, in quanto per ragioni economiche questa è la condizione che torna loro più congeniale.
Avremo la forza e il coraggio?
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: le nubi che si vedono già all’orizzonte della Nazione e dell’Europa non annunciano nulla di buono, eppure, molta parte del corpo sociale sembra immersa nel torpore di chi non si accorge neppure di cosa le stia per capitare. Avremo noi la forza di insorgere? Avremo noi il coraggio di compiere il sacrificio della vita per preservare o tornare alla libertà? La Costituzione della Repubblica, maturata nell’antifascismo, non parla per ovvietà: non è un caso o un mero motto moralistico l’inserimento dell’articolo 11 fra i principi fondamentali e inderogabili.
Le giovani generazioni, a mio avviso, hanno oggi bisogno di una parola che dia loro senso. Se si trova il senso di tutto, allora si può anche sacrificare la vita. Se oggi ciò non accade e se non ancora pare non vedersi questo sussulto, è perché non siamo stati capaci di dire questa parola di senso. Il compito che attende tutti coloro che celebrano il 25 aprile non è solo quello di ricordare, né tantomeno quello di indossare un elmetto ideologico e dividere la comunità in buoni e cattivi, né ancora quello di fare del moralismo. Il compito, l’unico compito è pronunciare quella parola o quelle parole che diano senso alle umane aspirazioni, è, ancora una volta, educare alla libertà. Una libertà, beninteso, che deve partire dalla libertà verso noi stessi, libertà dal nostro egoismo, dalle nostre voglie, dalle nostre pigrizie: altrimenti l’idea stessa del sacrificio è scandalosa, lontana, inattuabile e inutile. Una libertà che non possa trascurare il diritto e i diritti altrui. Il sacrificio di chi per la nostra libertà ha combattuto ancora ci parla. Viene da chiedersi quanto sia stato colto di questo ammonimento. Come può, alla luce della tradizione della recente storia, un continente come l’Europa non sapere pronunciare una parola di pace, una parola di diplomazia e di politica vera. Come può l’Europa accettare di essere relegata al ruolo di lenta e quasi sonnolenta tifosa, trascinata suo malgrado nelle intemperie presenti?
L’Europa non può accontentarsi
La nostra voce si alzi e chieda ai governi europei e al nostro governo in particolare di ridare spazio alla politica, di sapersi porre in maniera indipendente e veritiera. Oggi come nel 1939: troppe le analogie, troppi i timori. Troppi i crimini contro l’umanità perpetrati sotto i nostri occhi, sotto gli occhi delle Nazioni europee, dal Donbas e dall’Ucraina, dalle guerre calde dimenticate fino alla striscia di Gaza: un grave crimine quello accaduto nell’ottobre 2023 ai danni della popolazione israeliana, ma è altrettanto grave che centoquaranta uomini, donne e bambini palestinesi siano stati uccisi da un bombardamento, mentre erano in fila per fame a chiedere il pane. Qualcosa di diverso e di ulteriore va fatto subito.
Buon 25 aprile, buona Festa della Liberazione.
Roberto Assi
Sindaco di Brugherio