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Chiudono (per sempre?) le serrande di due edicole. Mugavero, pasticcere e poi edicolante
L’edicola di Roberta Carioni, in piazza Roma, chiuderà sabato 23 dicembre, mentre l’edicola Cartomarket di Antonio Mugavero, in via Nazario Sauro, il 31 dicembre. Due attività storiche presenti a Brugherio da tempo ormai immemore, devono gettare la spugna. E non perché in crisi finanziaria, come un po’ superficialmente si è portati a pensare, bensì perché i due titolari che per motivi diversi sono costretti a lasciare, non hanno trovato nessuno disposto a raccoglierne il testimone.
Carioni aveva rilevato l’attività nel 2020 e preferisce non rilasciare nessun commento. Diverso è il discorso per il signor Mugavero, che a 66 anni di età di cui 27 passati nello storico negozio di via Nazario Sauro, al pensiero di chiudere non riesce a non commuoversi.
L’inizio come pasticcere
«Mi piange il cuore», dice affranto. «Qualcuno si è fatto avanti per rilevare l’attività, ma purtroppo gli orari non piacciono. Il mattino alle 6 bisogna essere già aperti e svegliarsi presto costa fatica».
E pensare che Mugavero a suo tempo scelse questo lavoro proprio per gli orari, tra le altre cose. Fino a metà degli anni Novanta era titolare della Pasticceria Brianza, il cui laboratorio era situato in viale Lombardia al piano terra del palazzo che una volta era sede della Asl, proprio accanto al laboratorio analisi ancora oggi esistente.
«Con le nostre brioches fornivamo i bar della Stazione Centrale di Milano, quelli di Porta Garibaldi e anche l’aeroporto di Linate, dove al mattino attraversavamo le piste di decollo e atterraggio con il nostro furgoncino per effettuare la consegna». L’avvento delle brioches surgelate però incise sulla mole di lavoro, che diminuendo indusse Antonio a cambiare professione.
Decise così di rilevare il Cartomarket, perché tra le altre cose «non avrei più dovuto svegliarmi alle due del mattino, avrei potuto dormire fino alle 5». Tutto si riduce sempre a una questione di punti di vista.
Non ha remore ad affermare che avrebbe volentieri proseguito ancora per qualche anno: «I miei problemi di salute non mi consentono di continuare a lavorare, devo pensare a curarmi. Mia moglie avrebbe voluto proseguire da sola nella gestione dell’attività, ma io non sarei certo rimasto a casa con le mani in mano. Non c’era nient’altro che si potesse fare se non vendere o chiudere».
Ed è proprio quest’ultima, salvo colpi di scena dell’ultimo istante, l’ipotesi più accreditata, ormai molto più che solo un’ipotesi. Gli chiediamo poi se questa decisione non è stata anche figlia della crisi del settore editoriale che si ripercuote anche e soprattutto sui distributori al dettaglio.
«In realtà – risponde – è diminuita la richiesta sui quotidiani, ma si lavora tanto coi gadget per i bambini e poi le riviste e periodici tutto sommato si sono sempre venduti. In questi anni io e mia moglie ci siamo alternati dietro al bancone, permettendo a una famiglia composta da cinque persone di vivere senza problemi. Non è andata così male, no?».