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Gioele Dix: «Ci vorrebbero più teatri». Centri culturali nelle piccole città

Cultura

Gioele Dix: «Ci vorrebbero più teatri». Centri culturali nelle piccole città

Proseguono gli spettacoli di “Fuori Pista”, la rassegna dedicata al monologo teatrale. Il 26 febbraio il palco del San Giuseppe ospiterà Gioele Dix e il suo “Nascosto dove c’è più luce”, che vede un attore affrontare un percorso che lo porta a rivivere la sua carriera, la sua vita e a fare un bilancio di quanto ha ottenuto.

Il popolare comico, fra gli impegni delle prove, ci ha dedicato un po’ del suo tempo per rispondere a qualche domanda.

Com’è nata l’idea di questo viaggio quasi dantesco nel quale un attore ripercorre la sua vita?

Avevo desiderio di parlare del modo in cui un attore vive il suo mondo, il suo modo di ispirarsi. Senza però fare uno spettacolo pensoso o filosofico, io sono comunque un comico. Per questo spettacolo, al contrario degli ultimi che erano solo monologhi, mi sono inventato una storia. Un attore si addormenta durante uno spettacolo e quando si sveglia si trova incastrato in una situazione particolare, come quando si è fra sonno e veglia. Qui incontra il suo angelo custode che lo porta attraverso un percorso di memoria, gli fa fare un bilancio. A un certo punto ha il sospetto che ci sia qualcosa a che fare con quello che verrà dopo la vita e si parla di inferno e paradiso. Racconto il mio punto di vista, lo stato in cui sono. È un bilancio professionale e umano: ho ricoperto diversi ruoli, sono stato figlio, padre, amante, ho tradito e sono stato tradito, sono un cittadino arrabbiato, rassegnato, ma anche speranzoso.

Torna alla scrittura dopo due lavori come regista. Queste esperienze alla regia hanno influito sul processo di scrittura?

Certo. Nel frattempo le regie sono diventate tre, ha debuttato da poco lo spettacolo di Maurizio Lastrico, di cui sono regista. Negli anni ho imparato ad avere uno sguardo da fuori, cosa che a volte a un attore sfugge, e ho applicato questo metodo nella scrittura di questo testo. La scena è curata, astratta, difficile da realizzare. È opera di Francesca Pedrotti, giovane e molto brava.

Ci sono stimoli diversi nell’esibirsi su grandi palcoscenici piuttosto che in teatri di provincia come il San Giuseppe?

Non molto, anzi direi che non c’è nessuna differenza. Quando sei sul palco, dietro al sipario, e aspetti di andare in scena, il tuo stato d’animo è sempre lo stesso. Pensi “Stasera me la voglio giocare”. Devi fare sempre al meglio, altrimenti non c’è più interesse, non ci sono più stimoli. Non dici “Chi se ne frega, tanto sono a…” Ci sono poi reazioni diverse da parte del pubblico, ma non grandi differenze. Il pubblico teatrale è particolare, è un pubblico che ha fatto una scelta.

Cosa pensa del ruolo culturale del teatro di provincia, che resiste a volte faticosamente ma spesso è l’unica proposta culturale di un certo livello nei piccoli centri?

Ce ne vorrebbero molti di più. Ci sono teatri anche antichi che sono delle vere e proprie istituzioni. Noi siamo ancora più motivati ad andarci, è come un “fronte di resistenza”. L’impatto culturale in un piccolo centro è molto importante, soprattutto in questo momento: ci sono pochi mezzi e sembra che il teatro non produca reddito, ma produce qualcosa di impagabile.

“Nascosto dove c’è più luce”, teatro San Giuseppe, martedì 26 febbraio ore 21. Posto unico 25 euro, riduzione per over 65 e under 18 12 euro. Biglietti disponibili anche online sul sito del teatro: www.sangiuseppeonline.it.

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