Cultura
Il luminoso medioevo di Dante è su Facebook con Christian Polli
Uno studioso, un letterato, uno storico. Così giovane, eppure così addentro al mondo della cultura nella sua accezione più ampia. Ma non solo, anche profondo conoscitore della città in cui vive da quando è nato, nonché della sua storia.
Classe 1989, laureato in lettere e filologia moderna, Christian Alberto Polli ha conseguito anche un diploma di archivista e paleografia diplomatica, presso l’Archivio di Stato di Milano. Alla Biblioteca civica di Brugherio fa il volontario nella sezione storia locale, nel 2016 ha pubblicato il libro “Storia di Brugherio” a cura della Accademia della Cultura Universale. In tarda primavera uscirà il suo primo romanzo dal titolo “Il peccato dell’innocenza”, edito da Convalle, la stessa casa editrice che in precedenza pubblicò il suo libro di poesie “Aritmie Spirituali”. Su Facebook ha avviato una rubrica dedicata a Dante Alighieri e così, spinti dalla curiosità, abbiamo deciso di andare a conoscerlo.
Ha aperto una pagina Facebook dedicata a Dante Alighieri, perché?
Quest’anno ricorrono i settecento anni dalla sua morte, per chi come me è laureato in lettere Dante è come Einstein per un laureato in fisica. Sentivo l’esigenza di rivolgermi ai miei concittadini, ma non solo a loro, attraverso il web delineando e aggiornando i versi del sommo poeta. Per aggiornare intendo mostrare sotto aspetti non svelati a scuola, andando alla scoperta della sua psicologia e con essa di ciò che ancora trasmettere a noi uomini del ventunesimo secolo.
Cosa resta di Dante settecento anni dopo la sua morte?
Insieme a Manzoni è senza dubbio il padre della lingua italiana, anche se per certi aspetti è una definizione un po’ scolastica e limitata, resta la realtà dei fatti. Era un uomo del medioevo, eppure resta una figura estremamente contemporanea, perché in grado di pizzicare le corde dell’anima. Pensi che Galileo Galilei, vissuto più di duecento anni dopo Dante, fu così affascinato dalla Divina Commedia che tentò di misurare la circonferenza dell’inferno, attraverso calcoli matematici. Oggi Dante rappresenta l’apice della creatività umana, capace di parlare al cuore degli uomini e facendosi portavoce di una cultura medioevale non oscura, ma luminosa.
La Divina Commedia è certamente un’opera visionaria, come ha potuto un uomo vissuto nel 1300 realizzare un simile capolavoro di creatività?
Di per sé poeti e scrittori devono essere dotati di grande immaginazione e fantasia, è basilare. Dante traeva ispirazione da ciò che leggeva: Ovidio, Virgilio, Aristotele, i classici latini. Poteva giovare anche delle immagini che osservava all’interno del battistero di San Giovanni, per esempio, prima che venisse esiliato da Firenze. La Divina Commedia è in sostanza un grande inventario medioevale.
Dante parla anche della peste, ciò lo rende ancora più attuale dato che oggi stiamo vivendo in uno stato di pandemia. Come descriverebbe secondo lei, i nostri giorni?
Difficile sapere cosa direbbe Dante del Covid. A quel tempo gli uomini non sapevano che la peste era causata da un batterio, pensavano che fosse un castigo divino. A mio modesto parere si esprimerebbe in termini di punizione divina, ma dato che era un uomo illuminato avrebbe potuto anche riferirsi a una grande calamità.
Qualche anno fa Benigni portò Dante in prima serata Rai, le piacque?
Benigni è stato autore di una performance ricca di verve e simpatia, ma pur apprezzandolo ho preferito altre interpretazioni. Quella di Vittorio Gassman per esempio, ma anche quella di Vittorio Sermonti. Letture ricche di profondità, pathos e tono mistico.
Prima parlava di voler divulgare Dante. Di questi tempi, intellettualmente un po’ aridi, non le sembra di predicare nel deserto?
Può essere, ma ricordiamoci che nel deserto ci sono le oasi. Durante il cammino di ognuno è necessario trovare un posto di ristoro, dove poter abbeverarsi. La cultura spesso non produce denaro, ma genera bellezza, e soprattutto in questo momento abbiamo tanto bisogno di bellezza. Dobbiamo riscoprire le nostre basi culturali, noi italiani ora celebriamo Dante, un uomo che prima di tutto voleva parlare al popolo.
Lei è anche un profondo conoscitore della nostra città, ci vuole parlare del suo libro “Storia di Brugherio”?
L’idea è nata nel 2011, quando ero ancora uno studente e la referente per la storia locale era Silvia D’Ambrosio, che mi suggerì di mettere insieme le informazioni scritte in altri libri e di altri studiosi della città. All’inizio è stato come mettere insieme un puzzle, poi il mio spirito di ricercatore ha cominciato a prevalere: non mi sono più limitato a riportare quanto già scritto da altri autori, ma ho approfondito e svelato alcuni retroscena della città, attingendo da fonti giornalistiche e d’archivio. Strada facendo ho poi deciso di trasformare la storia in cronistoria, andando a ripercorrere il periodo tra il 1945 e 1994, ovvero tra la fine della guerra e la restaurazione del tempietto di Moncucco. Il tutto con uno stile semplice e non accademico.
So che uscirà un altro libro, una sorta di seguito?
Esatto, nel primo libro cercai di delineare la figura di Giovanni Noseda, primo sindaco della storia della città. Presto quindi vedrà la luce “Nel segno dei Noseda”, in cui ripercorrerò la storia dei primi cittadini di Brugherio nel periodo che va dal 1866 fino al 1945.
Gius di Girolamo