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Noi Brugherio

I due giorni della visita dell’Arcivescovo Delpini, un soffio di speranza. Leggi qui l’omelia integrale.

L'Arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, incontra gli ospiti della rsa Villa Paradiso

Comunità Pastorale

I due giorni della visita dell’Arcivescovo Delpini, un soffio di speranza. Leggi qui l’omelia integrale.

Sabato 10 e domenica 11 ottobre, l’Arcivescovo di Milano mons. Mario Delpini è stato in visita pastorale alla Comunità pastorale Epifania del Signore. Ha presieduto la Messa in tutte le 4 parrocchie, si è recato in cimitero, ha incontrato il consiglio pastorale, ha visitato le rsa Villa Paradiso e Bosco in città. La domenica pomeriggio ha incontrato il Brugo e, al Teatro San Giuseppe, alcune realtà cittadine: il gruppo giovani, la comunità dello Sri Lanka, le scuole paritarie, i direttori delle rsa, la Caritas. Proponiamo qui di seguito il testo integrale dell’omelia pronunciata alla chiesa di San Carlo e alcune immagini della visita.


trascrizione dell’omelia di mons. Mario Delpini

Sono contento di essere qui per la visita pastorale. La visita pastorale nelle mie intenzioni ha soprattutto tre finalità. La prima è di consentirmi di dire a voi che siete qui e a tutta la comunità che voi mi state a cuore, che io sento responsabilità per voi, per il vostro cammino di fede, per la vostra situazione personale e famigliare, per la dinamica interna della parrocchia e della comunità pastorale. Ecco, voi mi state a cuore, voi mi siete cari.
Normalmente il vescovo esprime questa sollecitudine attraverso i preti che manda e quindi sono loro, i preti che avete qui nella comunità pastorale, che dicono che la Chiesa diocesana si prende cura di questa porzione della Chiesa locale. E la prima cosa è comunque questa: voi mi state a cuore.

Siamo parte di una grande Chiesa

La seconda finalità della visita pastorale è di dire: voi non siete tutta la Chiesa, voi siete una parte di Chiesa che può vivere, che può trovare orizzonti, incoraggiamenti, proposte, percorsi, perché siete dentro la grande Chiesa diocesana, la Chiesa di Milano. La Chiesa locale è quella che si raduna intorno alla cattedrale, intorno al vescovo, con il presbiterio, con tutto il clero e tutto il popolo di Dio. Ecco quindi la bellezza di essere la Chiesa di Milano, il vescovo gira in tutte le comunità per dire: c’è un unico punto di riferimento.

Questo è sentirsi parte di un’unica Chiesa, evitare il rischio di chiudersi in se stessi, di vedere solo il piccolo gruppo che si trova qui, o il piccolo movimento o la piccola comunità. La Chiesa è grande, la Chiesa vive per gli orizzonti della Chiesa diocesana e la missione della Chiesa universale. E quindi questo è il secondo motivo per cui fare la visita pastorale: per dare questo senso di appartenenza.

La Messa con l’Arcivescovo a San Carlo

La nostra missione: andiamo a chiamarli

Il terzo motivo della mia visita è annunciarvi il Vangelo, dirvi una parola di Vangelo, che è la missione della Chiesa sempre. Quale parola devo dirvi oggi? Mi ispiro alle letture che abbiamo ascoltato; queste letture dicono più volte che l’immagine del re che ha preparato un banchetto, è accompagnata da questo incarico: andate, andate a chiamare gli invitati, andate ancora, andate anche là dove non pensavo di mandarvi. La presenza dei cristiani nella terra, nel tempo che ci è dato di vivere, è una presenza che risponde a questo comando: andate, andate… Dopo l’omelia darò il mandato agli educatori proprio per rinnovare questo comando del Signore: andate. Questo è il tema che voglio proporvi: andate, siate una Chiesa che va a cercare le persone, che sa invitare le persone.

È l’invito a una festa

La parabola ci dice come si svolge questa missione. Un primo tratto è che si tratta di un invito alla festa. Il re ha preparato una grande festa e su questa tavola accogliente c’è ogni ben di Dio: carni pregiate, vini di eccellenza. Una grande festa, ecco quella cui sono chiamati tutti gli invitati. La vita cristiana è una festa. Non è prima di tutto un dovere e non è prima di tutto una legge da osservare, non è prima di tutto una tradizione da conservare. È una festa. Questo dovremmo sempre riuscire a esprimerlo.

Tuttavia, un altro elemento che ci ricorda questa parabola è che questo grande invito alla festa suscita una reazione sconcertante: gli invitati non vogliono venire, gli invitati non hanno interesse a questa festa, anzi gli invitati si innervosiscono, si arrabbiano per l’insistenza che ha questo re nell’invitarli.

L’ingresso al Brugo accolto da Alberto Mosca e Gianni Viganò

Il nostro tempo e la proposta della Chiesa

Forse questo descrive un aspetto della situazione del nostro tempo. La Chiesa ha una meravigliosa proposta di vita, una speranza di vita buona, una speranza di vita eterna. La Chiesa ha un patrimonio straordinario di sapienza educativa, di proposte di carità, di prospettive culturali. È una cosa meravigliosa quello che la Chiesa vuole offrire, quello che noi siamo chiamati a vivere, a tener vivo e a proporre agli altri.

Eppure, questa proposta meravigliosa sembra non interessare a molta gente del nostro tempo, per cui gli inviati trovano una reazione sconcertante. La gente sente parlare di una festa a cui sono invitati, ma dicono: “No, ma io devo andare al campo, no, ma io ho degli affari da sbrigare, ma io ho della cose che mi interessano di più di questa invito alla festa di Dio”.

Descrive una situazione in cui ci possiamo trovare con il nostro desiderio di invitare gli altri. Ci sentiamo talvolta rispondere con questa indifferenza. Talvolta anche con una certa ostilità, che in alcuni paesi del mondo diventa una reazione violenta, una persecuzione che fa soffrire, fa morire i nostri fratelli e sorelle che vogliono essere testimoni del Vangelo.

La prima tappa della Visita pastorale è stata al cimitero di viale Lombardia

Questa parabola di Gesù ci vuole suggerire che non dovremo stupirci troppo, non dovremo abbatterci troppo se l’invito non viene raccolto, se la nostra missione risulta fallimentare. Mi pare che l’insistenza del re di questa parabola, ci dice che il fallimento non è una buona ragione per chiuderci tra di noi. Il fatto che non ci sia accoglienza non significa: allora stiamo con quelli che condividono questa nostra fede, chiudiamoci nelle nostre chiese, chiudiamoci nei nostri gruppi, movimenti, associazioni, lasciamo che il mondo vada alla malora per conto suo, se non vuole accogliere l’invito alla festa di Dio. No, qui il Vangelo dice: se non vi accolgono, voi andate altrove. Addirittura, dice: andate ai crocicchi delle strade, cioè là dove la gente passa, là dove la gente vive la sua fatica quotidiana, tira avanti il suo carro ogni giorno. Andate là e chiamate tutti, tutti: venite, venite! La festa è per tutti! Ecco noi non siamo autorizzati a scoraggiarci, non siamo autorizzati a ripiegarci su noi stessi. Siamo ancora mandati.

Diventiamo fiamme, scintille luminose

Questo dunque il senso di questa parabola. E come andremo? Qual è il percorso che ci viene chiesto di fare per invitare tutti alla festa di Dio? Mi pare che possiamo raccogliere alcune sollecitazioni da questa pagina del Vangelo e dalla vita di questo nostro tempo complicato, tribolato, con tante domande che non trovano immediate risposte. Ma noi come faremo? Ci accontenteremo di dire: “aspettiamo, vediamo, chissà come sarà?”. Ecco, mi pare che la pagina del Vangelo dice che dobbiamo andare, oggi, in questo tempo, non aspettare tempi migliori.

E come sarà il nostro andare? A me sembra che il metodo che ci indica il Signore non è di trovare delle forme quasi di propaganda, quasi di farci pubblicità. A me sembra che la raccomandazione che ci viene fatta è quella di immergerci a tal punto nel roveto ardente, nell’amore di Dio, da diventare noi stessi fiamme vive, scintille luminose. Ecco cosa ci viene chiesto: non di trovare qualche trucco per convincere, ma quello di essere luce che illumina gli altri, quella di essere scintille di fuoco che attizzano il fuoco, che accendono altri fuochi.

Incontro con le famiglie all’oratorio di Sant’Albino

Il fuoco che attraversa i tempi

Che cos’è questo fuoco? È quello che stiamo celebrando adesso, il roveto ardente dove si manifesta Dio è il suo amore che non si consuma, che attraversa i tempi e che rimane sempre ardente, sempre capace di irradiare gioia, gloria, festa. L’eucaristia è questa presenza che non delude, è questo amore che non si consuma.

E quindi noi che partecipiamo alla messa domenicale, che partecipiamo alla vita della comunità cristiana, immergendoci in questo fuoco che è l’amore di Dio, diventiamo come scintille, cioè diventiamo come frammenti di questo fuoco, che sono inviati in questa vita ordinaria per risplendere.
E questa immagine dello splendore, del luccicare delle scintille noi lo possiamo tradurre in atteggiamenti molto concreti, semplici, a portata di tutti; diventando scintille trasmettiamo la verità di Dio. E la verità di Dio si può riassumere in due parole che siamo invitati a custodire: la verità di Dio è la gioia, cioè è quella felicità che non può essere intaccata da tutte le tribolazioni, le problematiche che dobbiamo affrontare. La gioia. Ecco, i cristiani uscendo di chiesa, quando percorrono le vie del quartiere, quando vanno negli ambienti del lavoro, della scuola, dell’impegno, del riposo, in qualunque ambiente i cristiani siano presenti, dovrebbero essere coloro che irradiano la gioia.

L’Arcivescovo ha incontrato alcuni ragazzi all’oratorio San Giuseppe

E perché siamo contenti?

E se la gente dovesse domandarsi: ma perché questa gente è contenta? Se stamattina voi andando in giro nelle strade qui del quartiere seminate sorrisi, magari la gente dice: ma cos’hanno da sorridere in questo momento così tribolato? E dovrebbero rispondere: ah, certo, sono andati a messa.

Mi sembra che talvolta intorno alla celebrazione eucaristica ci sia quasi un’ossessione di statistiche, come dire: ma quanti sono quelli che vanno a messa? È una domanda che si fa spesso su tutte le attività della Chiesa: quanti sono? E invece la domanda più vera è: ma questi che vanno a messa irradiano la gioia che hanno ricevuto? La verità di Dio si comunica attraverso la gioia, perché ciò a cui siamo invitati è la festa.

L’altro aspetto di quella verità di Dio alla quale noi possiamo attingere è l’amore, è la comunione, è il diventare un cuor solo e un’anima sola.

Siamo cristiani per essere in missione

Questo è il percorso che sono venuto a raccomandarvi, questa è la pagina del Vangelo che voglio ricordarvi: siamo cristiani per essere in missione. E la nostra missione si caratterizza con questi due linguaggi irrinunciabili: quello della gioia e quello dell’amore, della comunione. Ecco allora nel nome del Signore anch’io vi ripeto: andate, andate a invitare tutti, per dire a tutti: venite, venite alla festa di Dio, il Padre vi attende.

La visita pastorale si è conclusa in Teatro San Giuseppe, dove Delpini ha incontrato i rappresentanti delle scuole paritarie (nella foto), delle rsa, dei giovani, della caritas, della comunità dello Sri Lanka
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