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Sentirsi a casa con 200 bambini in Mozambico

Comunità Pastorale

Sentirsi a casa con 200 bambini in Mozambico

Un minuscolo puntino sulla cartina del Mozambico. Questo è Invinha, piccolo villaggio che per un mese è stata la casa di quattro brugheresi che hanno vissuto un’esperienza di missione e di servizio. Gabriele Lunghi, Mirko Depascale e i coniugi Martina Moschin e Feliciano Castelli sono arrivati qui dopo due giorni di viaggio, accolti dal sorriso delle missionarie italiane.

«Tutto strano. Ma sembrava di essere a casa»
Il gruppo, di cui facevano parte anche altre quattro volontarie, era infatti ospitato in una struttura dedicata alla formazione delle ragazze che iniziano un cammino verso la vita consacrata nella Compagnia Missionaria del Sacro Cuore. «All’inizio mi sembrava tutto strano» racconta Gabriele, «a partire dalla lingua, dalla cura delle case e delle strade a come si guida. Ma è bastato essere accolti dai canti e sorrisi delle ragazze, i primi tentativi di comunicare con loro, ai primi balli e risate scambiati con loro per capire che in fondo, non c’era niente di strano o diverso. Era come essere a casa».

La voglia di attenzioni dei duecento bambini
La giornata per i volontari iniziava molto presto, verso le 5.30 con la preparazione della colazione.«Dopo la preghiera del mattino, aiutavamo le ragazze nei lavori più manuali, dalla pulizia degli ambienti, alla manutenzione dell’orto. Qualcuno si è anche cimentato in lezioni di matematica e inglese». Nel pomeriggio ad aspettarli c’erano oltre duecento bambini provenienti dal villaggio, desiderosi di passare il tempo con i volontari.«Avevamo diviso i bimbi in tre gruppi per fasce di età e organizzavamo per loro giochi e attività» prosegue Gabriele «Una delle cose che mi ha colpito di più è stata proprio la loro voglia di stare insieme a noi, il desiderio di avere qualcuno che gli dedicasse tempo e cura. Molto spesso infatti le famiglie non riescono ad occuparsi direttamente dei figli». Un’esperienza che ha l’incontro con persone che li hanno accolti, ma anche l’impatto, duro, con la povertà e la sensazione di impotenza di fronte alle difficoltà.

Terra ricca e gente povera
Conclude Martina Moschin: «Abbiamo conosciuto una terra piena di contraddizioni, terra ricca sia nel suolo che nel sottosuolo, ma gente poverissima, bimbi scalzi e vestiti di stracci, cibo povero. Una cultura molto lontana dalla nostra, culture che possono convivere, ma che non possiamo uniformare, sarebbe ingiusto e comunque illusorio. I problemi che vedo sono tanti, ma per risolverli ci vorrebbe l’abbraccio e l’affetto che solo una grande madre può dare».

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