Comune
150esimo,La prugna di Brugherio: frutto scomparso del 1821
a cura della Biblioteca Civica
Chi ha mai sentito parlare della “prugna variegata di Brugherio”? Quasi nessuno, ci scommettiamo. Eppure, nel lontano 1821, quando ancora il nostro Comune non esisteva, due artigiani con spiccate attitudini all’attività scientifica inclusero nella loro pregiata collezione di frutti in cera proprio la nostra susina, che fece bella mostra di sé insieme, tra l’altro, al pero Maddalena, al fico brogiotto e alla pesca nivetta. Tutte specie che farebbero oggi la gioia dei cultori di semi antichi, che con passione cercano di dare alla loro attività orticola radici ostinate, profonde.
I due artigiani in questione erano Ignazio Pizzagalli e Carlo De Gaspari, che avevano bottega e laboratorio a Milano, dalle parti di Porta Orientale (come si chiamava allora Porta Venezia). Pizzagalli, originario di Monza, era un fisico-meccanico molto apprezzato da università e istituti scientifici di mezza Europa, ed insieme al socio riproduceva specie botaniche e animali, termometri e barometri, “areometri atti ad indicare senza bisogno di calcolo la densità specifica e bontà delle monete d’oro”, tubi per esperimenti di chimica e fisica. Nelle sue scorrerie attraverso i terreni agricoli, il vulcanico Ignazio (cui si deve, sempre in cera, una collezione di uve del Lombardo-Veneto ed una raccolta di funghi commestibili e velenosi), era sicuramente capitato anche a Brugherio, dove aveva notato questa straordinaria prugna, arrivata in Brianza da pochi lustri (più o meno nel 1800), appartenente alla varietà alsaziana “questsch”. Il pruno in questione era di medio vigore, si adattava perfettamente anche ai terreni poveri, purché ben drenati (come quelli di Brugherio), aveva un frutto ovoidale grosso, con buccia spessa e violetta, almeno se la si guardava alla luce del sole, perché altrimenti mostrava anche tonalità bluastre e più chiare, e squisita, zuccherina polpa gialla.
La maturazione a settembre
La “variegata di Brugherio” maturava a metà settembre, ma il suo ricordo è svanito perlomeno da poco più di mezzo secolo. Se qualcuno notasse fra le nostre ridotte aree campestri qualche vecchio prugnolo, “erede di quello appena descritto”, ce lo faccia sapere. Saremmo ben lieti di darne notizia.