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Sollevare il velo sulle foibe «perché le vittime innocenti si trovano su tutti i fronti»

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Sollevare il velo sulle foibe «perché le vittime innocenti si trovano su tutti i fronti»

«La storia la scrive chi vince le guerre, specialmente se chi è vittima è un po’ vigliacco». Questa frase, pronunciata dalla giornalista Lucia Bellaspiga a lungo ha riecheggiato all’interno della sala consiliare nella serata di sabato 10 febbraio, in occasione del Giorno del ricordo. L’evento, organizzato dal Comune e dedicato alla memoria delle vittime delle foibe, ha voluto sottolineare come le vittime innocenti siano sempre tali, da qualunque parte le si guardino e che non vi è una gara a chi è più vittima di altri. E che è giusto ricordare i defunti di ognuno, soprattutto quando la morte sopraggiunge in modo violento e ingiustificato.

Oltre a Bellaspiga, erano presenti Barbara Tarticchio e il vicesindaco di Pola in esilio, Tito Spigari. Ad aprire la serata la vicesindaco Mariele Benzi che, dopo una breve introduzione, cede la parola a Lucia Bellaspiga che racconta come venti anni fa, quando cominciava il suo lavoro di corrispondente, scrivere delle foibe era equivalente a parlare una lingua incomprensibile ai più. «Il mio direttore era Indro Montanelli, io ero alle prime armi. Ricordo che quando cominciai a scrivere articoli sulle foibe, i correttori di bozze tramutavano il termine in fobie, proprio perché quasi nessuna sapeva cosa fossero». Oggi anche grazie al Giorno del ricordo, istituito nel 2005, le cose stanno cambiando anche se tutti gli ospiti, dalla stessa Bellaspiga fino a Spigari per arrivare al sindaco Roberto Assi, pongono l’accento su come negazionismo e revisionismo tentino ancora di giustificare quando accaduto tra il 1943 e il 1945.

Ma cosa accadde davvero? Proviamo a spiegarlo riassumendo: nel corso della Seconda Guerra Mondiale l’esercito jugoslavo invase il territorio italiano entrando in Friuli, che allora estendeva i suoi confini fino al Carso, attuale regione della Croazia e della Slovenia, comprendendo anche Istria e Dalmazia, regione in quel momento controllata dai tedeschi. Gli uomini di Tito iniziarono a perseguire gli oppositori, bollati tutti come anticomunisti e fascisti, attraverso arresti, sparizioni e uccisioni sommarie. Trento, Trieste e Gorizia vennero successivamente liberate dagli Alleati ma, dove questi non giunsero, le uccisioni perdurarono ancora per diverso tempo. Ed è quello che accadde in Istria, come testimonia Barbara Tarticchio, figlia di Piero, che non ha potuto essere presente per motivi di salute, ma che attraverso la figlia ha potuto raccontare la sua storia. «La notte tra il 3 e 4 maggio 1945 mio padre che allora aveva soltanto 9 anni, udì dei colpi inferti sulla porta di casa con il calcio di un mitra. Irruppero 4 persone tra cui 3 partigiani di Tito e un funzionario di polizia, l’unico a parlare italiano. Portarono via mio nonno, dissero che doveva essere interrogato. Mio nonno venne legato ai polsi col filo di ferro e venne portato prima in carcere e in seguito al castello di Montecuccoli, dove probabilmente veniva torturato».

Poi a fine maggio «dissero che era stato deportato a Fiume, dove in realtà non arrivò mai. Finì insieme ad altri nelle foibe del circondario. Dopo due settimane di vane ricerche mio padre e mia nonna scapparono da a Pola, dove rimasero due anni dopo, prima di raggiungere la Toscana in nave. Ci chiamavano fascisti, al nostro arrivo, eravamo soltanto italiani». Sette membri della famiglia Tarticchio vennero uccisi, infoibati. Le modalità delle esecuzioni erano le seguenti: i prigionieri venivano portati sul ciglio di grosse voragini nel terreno (dette appunto foibe), legati due a due per i polsi, poi a uno di sparavano e questi, cadendo nel buco, trascinava l’altro con sé. Se andava bene, quest’ultimo moriva nella caduta, altrimenti sarebbero stati giorni di agonia. Aggiunge Tarticchio: «Spero che a mio nonno sia toccata la pallottola». Il corpo non fu mai trovato.

Dopo il breve intervento del vicesindaco di Pola in esilio Tito Spigari, che ha affermato come una Pola italiana sia un sogno non ancora tramontato, tocca al primo cittadino di Brugherio, Roberto Assi, chiudere la manifestazione prendendo la parola con un intervento coinciso ma allo stesso tempo incisivo. «Per molti anni – ha detto Assi – la verità è stata negata, poi giustificata, ora si pretende di contestualizzarla. Vorrei ringraziare il presidente Mattarella che da anni urla la verità sulle foibe e ha più volte ricordato come per il nostro Paese questi eventi tragici siano molto dolorosi e che il muro di oblio va definitivamente rimosso».

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