Cronaca
La voce del medico di base: «Situazione non grave, ma seria»
Sono in prima linea, i medici di medicina generale, nella gestione dei pazienti in questi tempi di Coronavirus. Abbiamo intervistato uno di loro: ha lo studio in città, ma preferisce non sia citato il suo nome, dato che la situazione, spiega, è simile per tutti i suoi colleghi.
Ha avuto casi di positivi o sospetti Coronavirus tra i suoi pazienti?
No, non ho ricevuto segnalazioni in questo senso. Ad oggi, mi risulta che nessun mio paziente abbia fatto il tampone. Alcuni mi hanno riferito di amici o colleghi che hanno avuto contatti sospetti e per questo si sono sottoposti all’esame che poi si è però rivelato negativo.
Cosa pensa dell’allarme Coronavirus?
La mia impressione, condivisa dai colleghi con cui mi sono confrontato, è che allo stato attuale la situazione non è grave, ma è seria. Il pericolo non va sottovalutato, non va preso sottogamba: siamo di fronte a qualcosa di nuovo che ancora non è ben chiaro. In Cina è successo quello che sappiamo, nel tragitto verso l’Europa il virus può essere mutato in meglio o in peggio. L’idea di arginare il focolaio non ha solo lo scopo di evitare che il virus si propaghi, ma anche che si replichi. Meno si replica, meno ha occasione di mutare e il rischio che cambi non viene azzerato, ma diminuito.
Voi medici come vi cautelate dal contagio?
Le autorità preposte ci hanno fornito le indicazioni da seguire, ma non ci hanno messo a disposizione i dispositivi necessari come le mascherine. Non lo dico con intento polemico, ci rendiamo conto della situazione nuova e molti si possono trovare impreparati. Però le rassicurazioni non sono state seguite dalla consegna dei dispositivi adeguati, e sarebbe stato opportuno che invece arrivassero prontamente. Noi medici d’altra parte ci troviamo in prima linea ad affrontare questa emergenza.
Cosa dice ai suoi pazienti, in questi giorni?
Io e i miei colleghi cerchiamo di rassicurare i pazienti, ma senza minimizzare il rischio. Filtriamo gli accessi con un primo contatto telefonico, così da posticipare le visite non urgenti. Riceviamo in maniera regolare, ma se ci sono casi che posso gestire per telefono lo faccio, e vedo che nessuno finora ha avanzato lamentele.
Come hanno reagito i brugheresi alla situazione straordinaria che viviamo?
Da quello che percepisco mi sembra che i brugheresi stiano tenendo un atteggiamento maturo, non ho visto isterie. Lo definirei un atteggiamento responsabile.
Quali consigli dà?
La maggior parte dei pazienti che mi chiamano, anche per motivi di routine, chiedono anche informazioni sul Coronavirus. Rispondo loro di stare tranquilli, uscire di casa il meno possibile, avere contatti in maniera protetta, evitare di recarsi in zone troppo frequentate.
Ci sono indicazioni diverse per fasce d’età?
Quelle che ho riferito sono indicazioni che valgono per tutti, con particolare raccomandazione agli ultra 65enni di non uscire di casa se non per questioni indispensabili. Vedo che fortunatamente bambini e ragazzini sono meno colpiti dal virus, ma tanti adulti magari sono meno propensi a seguire queste raccomandazioni. Chi riesce a gestire il lavoro da casa lo faccia.
Cosa deve fare chi si sente poco bene?
Chi manifesta qualche sintomo, anche non sospetto, resti a casa dal lavoro in malattia. È più prudente e sicuro. Anche perché in questi giorni alziamo l’attenzione sul Coronavirus, ma non c’è solo quello: è periodo di influenze stagionali, ci sono le sindromi bronchiali, tra poco inizieranno le allergie e siamo in una delle zone più inquinate d’Europa e tra le più densamente popolate. Non è questa la causa della diffusione del Coronavirus, ma è un fattore non trascurabile. In altre zone più arieggiate ci sono meno occasioni di trasmettere il virus. Infine, come medici ci auguriamo che tutto proceda in modo civile, senza che le persone si facciano prendere da sentimenti istintivi che non sempre possono contribuire al mantenimento del vivere civile.