Comunità Pastorale
Expo un anno dopo, l’eredità dell’esposizione
È passato poco più di un anno dall’apertura di Expo. I frutti di quell’esperienza continuano ancora oggi in diverse forme.
A partire dal Refettorio Ambrosiano: oltre alle iniziative di animazione nel territorio, è al centro di un’ iniziativa con un importante partner per continuare la sua azione contro lo spreco di cibo e a favore delle persone in difficoltà.
Operativo dai primi giorni di giugno, il progetto prevede che frutta e verdura del mercato ortofrutticolo di Milano non più appetibili per ragioni commerciali, ma ancora commestibili senza rischi per la salute, saranno stoccate in un magazzino di 120 metri quadrati messo a disposizione dalla società all’interno dei mercati generali. I prodotti saranno selezionati da operatori Caritas e rimessi nel circuito della solidarietà. A beneficare dell’operazione sarà soprattutto il Refettorio, dove ogni sera i cuochi preparano la cena per 96 persone in difficoltà, con cibo ritirato dal mercato, ma ancora in perfette condizioni.
L’accordo con Sogemi integra un sistema di raccolta costruito proprio in occasione dell’apertura del Refettorio Ambrosiano e sperimentato durante il semestre di Expo con la Coop, che ora sostiene la mensa solidale della Caritas donando i prodotti non più commercializzabili e ritirati dal punto vendita di piazza Lodi. Inoltre, sostengono questa rete di ridistribuzione solidale aziende produttrici proprietarie anche di marchi molto noti e l’Agea Italia, l’ente dipendente dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, che provvede all’acquisto e alla distribuzione di generi alimentari per scopi sociali.
È invece di 150mila dollari la somma raccolta nel Padiglione della Santa Sede a Expo e destinata, secondo il desiderio espresso da papa Francesco, al progetto di aiuti per la creazione di posti di lavoro in favore dei rifugiati in Giordania, che sarà realizzato dalla Caritas presso il centro di «Nostra Signora della Pace» ad Amman. Un’azienda dedita all’agricoltura “sostenibile”, con 600 olivi piantati su un terreno di 10 mila metri quadri, che impiega 15 lavoratori, scelti tra i profughi iracheni, ma anche tra i giordani disoccupati: è questo il «Giardino della misericordia».