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Giornata della memoria: la deportazione degli operai nel racconto di un figlio

Cultura

Giornata della memoria: la deportazione degli operai nel racconto di un figlio

di Greta Joyce Fossati

Nella prima settimana del marzo 1944 le condizioni estreme in cui versano gli operai delle città di Sesto, Monza e Vimercate e dell’area milanese li portano ad essere i protagonisti di un immenso sciopero politico per chiedere sostanzialmente delle tessere annonarie più cospicue e latte per i propri figli. Si tratta di un unicum nella storia europea del periodo.

“Dalla fabbrica ai lager”, presentato martedì sera in sala consiliare, narra quest’incredibile storia. Si tratta del secondo volume di Giuseppe Valota, presidente dell’associazione Aned, ex deportati. L’evento è inserito nel programma del Comune per la Giornata della memoria (clicca qui per conoscere il programma completo).

«In questa seconda opera si dà spazio principalmente alla figura femminile che è stata testimone di un grande sacrificio all’interno di questa storia» racconta l’autore che è figlio di uno dei deportati. «Intervistai per prima mia madre e da lì compresi che dovevo estendere la ricerca affinchè fosse possibile raccogliere la maggior parte dei racconti». Così lo studio, cominciato negli anni ’90, si è concluso nel 2007 portando l’autore alla raccolta di 89 interviste. Un numero certamente elevato grazie ad un terreno favorevole alla ricerca, costituito principalmente dai parenti e familiari che videro i propri cari deportati, tornare a casa estremamente provati. O non tornare più.

La vicenda, di per sè già unica, trova solide basi grazie ai biglietti che come delle reliquie testimoniano il coraggio di questi eroi. Sono biglietti unici ed estremamente diversi, per esempio, da quelli dei partigiani: in questi si attesta l’ora della partenza del treno. Sono degli operai che in fretta devono comunicare alle mogli di andare in fabbrica per prendere le loro cose negli armadietti, di chiedere la paga della settimana al direttore. Biglietti concreti di chi è preoccupato di lasciare la propria famiglia priva di sostegni. L’età media dei lavoratori è infatti di circa 33 anni.

Prevale la figura femminile in questo volume. Per dare volto alle donne che non sapevano dei lager e soprattutto di Mathausen, campo di concentramento nel quale vennero imprigionati i loro uomini. Molte di loro assistettero all’arresto nel grande caos e paura generale. Fu un arresto notturno che unì la polizia tedesca, ostile a questo sciopero, e la questura.

Il libro si erge anche a testimonianza dell’estrema solidarietà tra le persone in queste condizioni estreme, prima di tutto la vicenda di alcuni abitanti di Bergamo che videro la massa di operai affamati e sporchi sfilare verso i treni dopo lo sciopero e subito staccare i bollini dalle proprie tessere. «Gesti di estrema solidarietà che vanno oltre alla barbarie. La storia non è fatta per sè, si fonda sui valori e su questi gesti. Il popolo italiano fu capace di reagire così» ha ricordato l’autore durante la presentazione del libro.

Alcune figure del libro sono poi diventate istituzionali mentre altre una volta terminato il proprio compito morale hanno preferito ritirarsi. Una storia complessa, ma chiara. Una storia di eroi e non eroi, di esperienze terribili sommate alla speranza.

L’opera vuole essere anche un ricordo della resistenza brugherese e dei suoi 7 deportati. Della domanda posta in sala durante la conferenza dal sopravvissuto Luciano Modigliani: «Come faccio a dimenticarmi di quanto accadde?».

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