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Kupalinka, le storie dell’accoglienza e della solidarietà

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Kupalinka, le storie dell’accoglienza e della solidarietà

Sono ritornati in Bielorussia mercoledì 1 luglio i nove bambini accolti a Brugherio dalle famiglie dell’associazione Kupalinka. Un mese in Italia per ritrovare la speranza e il sorriso, ma non solo: il soggiorno è servito anche per permettere ai ragazzi, provenienti dalle zone del disastro nucleare di Chernobyl, di recupeare le difese immunitarie e smaltire parte delle radiazioni che sono costretti ad assorbire ogni giorno.
Nel corso della permanenza, le famiglie hanno accompangato i nove piccoli bielorussi in una settimana al mare, e hanno trascorso gli altri giorni in Oratorio San Giuseppe. «Uno degli aspetti di successo della nostra esperienza quest’anno, che anche Don Vittorino ha sottolineato, è stata l’integrazione tra i bambini bielorussi e i bambini italiani che frequentavano lo stesso oratorio feriale, dimostrando che la voglia di stare insieme e di fare nuove amicizie supera anche le barriere linguistiche e culturali» raccontano dall’associazione.
Kupalinka ha così realizzato il suo primo grande sogno: da oggi continuerà a raccogliere fondi per regalare ancora speranza ad altri bambini.

«Avvicinarsi con un gesto semplice a bimbi bisognosi», di famiglia Sodero
Sinceramente se ci guardiamo indietro e cerchiamo di trovare una risposta alla domanda “Perché avete deciso di accoglierli?”, facciamo fatica a trovarla. Potremmo ipotizzare tante motivazioni ma il rischio sarebbe di cadere nell’ipocrisia: perché si fa del bene, perché si aiutano dei bambini, perché bisogna fare qualcosa per il prossimo, perché ci si sente responsabili di quanto accaduto alla popolazione bielorussa con il disastro di Cernobyl. Potremmo citarne tante altre, ma tutte lontane dalla realtà. Forse l’unica motivazione vera e sincera è stata la curiosità di avvicinarsi con un gesto semplice a dei bambini che hanno bisogno, cercando di aiutarli nonostante la paura della responsabilità.
L’esperienza di ospitare un bambino bielorusso per un periodo così limitato non è facile da raccontare. Sicuramente non ci si rende conto del tempo che passa e dell’esperienza che si sta vivendo, troppe sono le esperienze e situazioni che si presentano giornalmente e ci si rende conto di cosa è accaduto solo dopo averla vissuta o la sera quando il bambino dorme, perché quando si addormenta ci si rende conto di cosa manca.
È un’esperienza piena di situazioni nuove da affrontare in ogni istante e vivere per un altro istante, perché questa è la durata di tutto ciò che accade vivendo a contatto con un bambino proveniente dai villaggi della Bielorussia.
Sembra una frase fatta ma quello che lasciano è un grande vuoto. Si è potuto vivere un’esperienza tranquilla con un bimbo o bimba dolce, calma praticamente senza nessun problema, o un’esperienza travagliata da momenti di capricci, strilli, pianti, momenti bui, ma quello che lasciano è un grande vuoto ed il silenzio della prima sera, dopo la partenza, è una sensazione che non si riesce a descrivere ma che sicuramente resta in ognuno di noi che ha vissuto questa bellissima esperienza.
È molto difficile consigliare a qualcuno di vivere il senso del vuoto che lascia la partenza di questi bambini. Crediamo che chi ha un briciolo di bontà ed un pizzico di gioia di vivere e dare gioia, non può fare a meno di provare a vivere questa esperienza, dimenticando che i bambini vivono in un paese diverso dal nostro, parlano una lingua diversa dalla nostra, che il loro modo di vedere la realtà è diverso dal nostro e bisogna rispettarli nonostante abbiano bisogno del nostro piccolo aiuto.

 «Un’esperienza che crea dipendenza», di famiglia Pozzi
Il perchè alla prima accoglienza risale ad anni fa ed è stata fatta d’impulso, senza pensarci troppo e con poche domande. Il perchè delle accoglienze successive è semplice: è un’esperienza che crea dipendenza, come convenuto con altre famiglie, soddisfa l’esigenza di fare del bene ad un bambino, l’esigenza (anche se forse un pò egoistica) di fare i “genitori” per un mese, di sentirsi parte attiva di un gruppo di amici che operano per un fine comune.
Abbiamo vissuto questo mese in modo sereno, senza apprensione e totalmente concentrati sulla bambina. È il loro mese, l’energia della famiglia è spesa per vivere al massimo tutti insieme questa esperienza.
Come ogni anno ci lascia una valanga di emozioni e ricordi che si vorrebbe raccontare a tutti per ore, lascia qualche arrabbiatura e un pò di stanchezza come è normale che sia.
Perchè la consiglieremmo? Noi la consigliamo senza condizionali, è un’esperienza da provare, perchè “fa bene e si fa del bene”.

«Riempiono la casa di allegria e gioia di vivere», di famiglia Cuter
Abbiamo scelto di fare l’accoglienza perché fare qualcosa per gli altri fa bene a tutta la famiglia. Sono ormai diversi anni che facciamo accoglienza e ogni volta l’emozione in attesa dell’arrivo dei bambini è sempre tantissima, con la curiosità di vedere come sono cresciuti, o di vedere il loro viso, se si tratta di bimbi ospitati per la prima volta.
È un mese intenso, in cui si cerca di bilanciare il loro desiderio di “sperimentare” ogni novità e la giusta dose di stimoli che possiamo offrire loro; riempiono la casa di allegria, di parole sconosciute, di gioia di vivere, e di consapevolezza che per loro può essere un ricordo che rimane per tutta la vita.
Come non consigliarla??!? Ovviamente possono esserci momenti difficili, con bambini che provengono da situazioni familiari incerte o difficili, e il momento del loro rientro lascia nelle famiglie molta tristezza, ma il presupposto dell’accoglienza è offrire loro la possibilità di crescere “meglio”, con difese immunitarie più forti, con stimoli a impegnarsi nello studio per avere opportunità di una vita diversa.

 

 

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