Comunità Pastorale
Pasqua: il canto del gallo anche oggi ci ricorda chi è Gesù
di don Vittorino Zoia
Pensando alla meditazione di quest’anno per la Pasqua e riflettendo un po’, sia su di me personalmente sia per gli auguri da fare a voi, mi è venuto in mente un passaggio della Passione del Signore secondo il Vangelo di Matteo, un momento triste e difficile per la vita di Pietro, che dice di non conoscere quel Signore Gesù di cui aveva detto «tu sei il Cristo», di cui aveva sentito e accolto la Parola «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa». Ebbene, Pietro, lo sappiamo tutti, nel sinedrio rinnega, nega tre volte di conoscere quell’uomo. E il gallo canta e Pietro si ricorda della Parola del Signore «Prima che il gallo canti tu mi rinnegherai tre volte» È una negazione, un non conoscere, in quel momento emotiva, superficiale, ma è una negazione forte, pensata, ripetuta, attestata.
Però vorrei fermarmi con voi su quel particolare, che per certi aspetti è anche simpatico: il gallo che canta.
Il canto risuona anche oggi
E allora mi viene questo pensiero, che diventa anche augurio: che il gallo continui a cantare nella nostra vita e ci ricordi quel Gesù, che è per noi e per tutti. Ci ha amato fino a darci se stesso, a mettere se stesso sulla Croce. Perché la sua vita viene deposta nelle mani del Padre perché fosse un dono per tutti. Ecco, la Croce. Ci ricorda questa vita donata, questa vita data per noi fino in fondo. Una vita su cui possiamo contare, sebbene la Croce sia un segno tremendo. Perché quella Croce ci dice non una disgrazia, non l’ennesima sopraffazione del potente sul giusto o sul debole, ma ci dice che è l’amore di Dio. Gesù per noi, è più forte della morte, ovvero di tutto ciò che nella nostra vita è limite. E in modo particolare quel limite che è il peccato, quel limite definitivo che pare essere la morte. Il mattino di Pasqua, di quel primo giorno dopo il sabato ci dirà che l’amore è davvero più forte della morte. È più forte questa vita data da Gesù. E, allora, che il gallo continui a cantare.
Imparare a riconoscerlo
Ma chi può essere oggi questo gallo?
Nella realtà della vita incontro persone che, avendo vissuto certe esperienze dolorose ripensano ad un cammino che avevano messo da parte. C’è la presenza di amici, di conoscenti, in situazioni difficili di questo nostro tempo, di crisi economico finanziaria, ma anche come giustamente dice qualcuno di crisi morale, non si capisce più che cosa conti davvero per la vita nostra e di tutti.
E allora che il gallo continui a cantare.
Questo gallo può essere anche la parola della Chiesa. Che ricordandosi del suo Signore, facendo memoria della sua Pasqua ci invita a mettere lui al centro della nostra vita. Lui nella forma con cui è stato in mezzo a noi.
Facendo del bene in opere e parole e donandosi, non imponendosi, ma ponendosi come dono nel nostro cammino. Un dono che niente potrà distruggere.
Quei “chicchirichì” buoni
Ecco allora che mi sento di dire “che il gallo continui a cantare”. Stiamo attenti nella nostra vita a tutti i “chicchirichichì” nel senso bello del termine che ci possono far ricordare, non solamente guardando al passato, ma facendoci rivivere oggi una apertura ritrovata a questo Gesù.
Io sono certo che come i due discepoli di Emmaus, che disperati tornavano al loro villaggio, la sua presenza nel nostro cammino, il suo porsi facendosi riconoscere nello spezzare il pane, nella vita data che per noi oggi è il sacramento eucaristico può oggi davvero far battere i nostri cuori. Può riempirci di quella gioia che non trattennero i due di Emmaus nel ritornare nella notte, in cui tutto sembrava mangiato dalle tenebre, dicendo «abbiamo visto il Signore».
No alla paura
Che il gallo continui a cantare.
Non arrendiamoci a una depressione etica, spirituale, intellettuale. Non arrendiamoci al tiriamo avanti. C’è questo Gesù che nella memoria della Chiesa si pone ancora una volta in mezzo a noi.
Che il gallo canti.
Apriamo l’ascolto del nostro cuore. Riconosciamo ancora una volta di più che sul Signore possiamo contare.
Il gallo ha cantato.
E Pietro si è ricordato del suo Signore. Dice sempre il Vangelo: «uscito fuori pianse amaramente. È un pianto di liberazione. Un pianto in cui riconosce la sua infedeltà a fronte di una fedeltà di Gesù fino in fondo, fino alla Croce. Non abbiamo paura. Ce lo ricorda ancora una volta il santo ormai prossimo, Giovanni Paolo II “non abbiate paura, spalancate le porte a Cristo».
Cari brugheresi, mi permetto di dire «questo è vero». Mi permetto di testimoniarlo con la mia vita e di dirvi «guardatevi attorno per comprendere quanti testimoni di questo coraggio ci sono anche oggi». Mi permetto di dirvi «non abbiate paura, lasciate cantare il gallo della vita. Ci ricorderà colui che ci ha amato sino alla fine ed è risorto».