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Anno della fede: venerdì 16 novembre nuovo appuntamento

Comunità Pastorale

Anno della fede: venerdì 16 novembre nuovo appuntamento

Ha cinquant’anni ma per qualcuno sarebbe ormai ampiamente superato. Per altri, invece, di strada per attuarlo pienamente occorre farne molta. Di certo il Concilio Vaticano II presenta numerosi aspetti di «mezza via» che hanno bisogno di tempo e storia per farsi pienamente carne e vita delle comunità.
È il caso della Sacrosantum Concilium, la costituzione sulla liturgia.
Sarà questo documento, tra i meno conosciuti a livello «popolare», al centro dell’incontro che prosegue il percorso che la Comunità pastorale Epifania del Signore ha deciso di dedicare alla riscoperta del Concilio nell’anno della fede.
A tenerlo sarà venerdì 16 novembre presso la parrocchia di San Carlo, a partire dalle 21, don Giovanni Mariani, sacerdote della Comunità pastorale brugherese e docente di Teologia in seminario.

Don Giovanni, la Sacrosantum Concilium si può ritenere un documento compiuto o no?
Ci sono testi che hanno bisogno di un processo di assimilazione molto lungo.
La Sacrosantum Concilium è uno di questi: si può ritenere a metà strada. Questa tipologia di sviluppo e di eventi richiedono tre o quattro generazioni. A 50 anni siamo a metà del guado.
E non è strano che siamo a questo punto.

La liturgia in tutte le sue forme, è davvero culmine e fonte della vita delle comunità cristiane?
Se guardassimo solamente ai numeri dovremmo dire di no.
Il dieci per cento delle persone che vanno a messa nella diocesi di Milano dovrebbe farci dire che ormai non è più così.
Ma non ci si può fermare solo alla statistica in questo caso.
La riforma liturgica è stata fatta e finita. Un traguardo importante. Ora resta però un altro aspetto da portare avanti.

Quale?
Il compito della formazione alla riforma e l’«adattamento» alle comunità cristiane.

Cosa vuol dire fare formazione sulla riforma liturgica?
Occorre distinguere diversi livelli: i capitoli dal 14 al 20 di questo documento sono dedicati all’educazione liturgica.
Educare alla partecipazione liturgica significa formare alla consapevolezza del tipo di «attività» che si sta facendo.
Significa educare all’esperienza spirituale.
Chiedersi come facciamo formazione cristiana.

Quali tipi di cambiamenti ha introdotto la Sacrosantum con­cilium e la sua applicazione conseguente nella vita concreta della comunità cristiana?
Una volta, potremmo dire, che a celebrare si imparava celebrando.
Il Concilio ha interrotto la catena del coinvolgimento «pratico» ed ha spostato l’asse sul versante di senso, spirituale.
Per fare due esempi, non si recitano più rosari in mezzo alla messa, non si dicono più litanie.

Che cosa è richiesto, dunque, in un processo di cambiamento del genere?
Che cresca la consapevolezza: l’assemblea deve vivere bene la messa ed essere educata alla celebrazione e alla partecipazione liturgica

Dunque, non solo il prete deve sapere che cosa sta «succedendo» Che cosa chiede la ritualità rinnovata agli animatori?
Richiede vivere i gesti, non solo dirli. Richiede la formazione di chi li deve vivere e la formazione di chi deve celebrare.
In questo ultimo caso,quello dei celebranti, la lezione accademica può andar bene per la liturgia sacramentaria. Ma per chi la deve vivere la messa? Direi di no.
Nel caso degli animatori, poi, molto spesso non sono formati.
Anche per questo sono nate iniziative per supportarli, come la quattro giorni animatori liturgici che da alcuni anni viene proposta dalla Diocesi di Milano.

Con questo incontro si fermano prima della pausa natalizia le proposte di formazione per l’anno della fede.
Il prossimo appuntamento con il percorso sul Concilio della Comunità pastorale sarà dopo Natale: il primo febbraio a Sant’Albino don Eros Monti, già Vicario Episcopale della Diocesi di Milano, parlerà di Fede e Gaudium et spes.

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