Comunità Pastorale
A Sant’Albino una famiglia di richiedenti asilo: «Inseriti nella comunità»
Durante il consiglio pastorale parrocchiale di giovedì 19 gennaio a Sant’Albino, il parroco don Vittorino Zoia ha presentato ai consiglieri un progetto di accoglienza che era in gestazione fin da questa estate. Don Vittorino e don Alessandro Fusetti si sono interrogati sulla possibilità di ospitare qualche profugo nella “casa del coadiutore”, in modo da accogliere la realtà delle persone migranti e rifugiate sulla scia delle indicazioni date da Papa Francesco in questi tempi di grandi flussi migratori.
Accoglienza responsabile
La scelta è stata quella di muoversi con responsabilità, confrontandosi dapprima con alcuni laici della comunità pastorale, mettendosi poi sotto la guida di associazioni esperte che potessero accompagnare nella sfida dell’accoglienza. Per questo alla riunione del consiglio hanno presenziato anche don Augusto Panzeri, responsabile della Caritas Decanale e Matteo Castellani, membro attivo del Consorzio Comunità Brianza. Le cooperative inserite nel consorzio e la Caritas saranno le referenti principali per questo progetto che sta prendendo avvio nella nostra comunità.
Progettualità per creare una vera relazione
I sacerdoti hanno voluto insistere particolarmente su questo aspetto, quello della progettualità. Non si tratta di una accoglienza fatta sperimentando e improvvisando, non si tratta semplicemente di mettere a disposizione degli ambienti in cui trovare rifugio, bensì impegnarsi a creare una vera relazione con i migranti che verranno ospitati, un incontro di culture e di mondi lontani che possono camminare insieme e testimoniare insieme il senso e il valore della vita.
Un anno e mezzo di durata pagato da fondi europei
La famiglia di migranti che verrà accolta sarà sostenuta economicamente dai fondi europei, regolamentati e impiegati in modo oculato e lungimirante dai responsabili Caritas, creando anche un piccolo fondo che permetta un po’ di autonomia in più ai migranti al termine del progetto. Sì, perché il progetto ha un inizio e anche un termine, che abbiamo quantificato coi responsabili in un anno e mezzo o poco più, in relazione all’iter per l’assegnazione dello status di rifugiato ai nostri ospiti. La scelta è stata quella di ospitare una famiglia, visto anche l’ambiente in cui sarà inserita. Non sappiamo ancora quando arriverà e la nazionalità di provenienza, quello che si può assicurare alla comunità è che non verrà lasciata sola in questa sfida pastorale che permette di testimoniare ciò in cui crediamo come cittadini e cristiani, tanto che i necessari lavori di ristrutturazione e approntamento degli ambienti saranno presi in carico direttamente dalle cooperative.
Accogliamo la famiglia, vincendo paure e resistenze
Alla comunità viene solo chiesto di concedere il piano terra della “casa del coadiutore” con un contratto di comodato d’uso gratuito fino alla fine del progetto di accoglienza. Rassicurati dal punto di vista gestionale, economico e legale, ora il compito più importante è affidato a noi: accogliere e creare un rapporto vero con i rifugiati che ospiteremo, vincendo paure e resistenze, mostrando il volto di una chiesa materna e che non si limita alle belle parole sentite dal pulpito o nelle catechesi.